venerdì, novembre 24, 2006

Le saline di Cagliari

tratto da http://digilander.libero.it

Storia: dalle origini al 1400
Il sale ha rappresentato per millenni una risorsa economica strategica gestita in primo luogo da chi deteneva il potere.
L'estrazione del sale ha lontane radici in Sardegna: lungo il litorale di Palmas, in alcune colonie fenice, sono state ritrovate tracce di rudimentali saline; nell'antica città di Tharros, sono state trovate tracce di commerci di sale risalenti al periodo punico.
La storia del sale a Cagliari nasce con la sua fondazione ad opera dei Fenici, 2500 anni fa. Apprezzate per la qualità del sale, le saline vennero sfruttate dai cartaginesi e dai romani , che ne curarono anche gli aspetti gestionali.
Furono create delle Societates Publicanorum, alle quali aderirono mercanti addetti alla gestione collegiale delle saline, e un Corpus salariorum, con un sistema di controllo pubblico.
Durante il periodo giudicale vi fu una ripresa delle produzioni in parte destinate ai commercianti di Marsiglia, ritenuti già dal secolo XII importanti imprenditori del sale nel Mediterraneo, che a partire dal 1016 e per quasi due secoli furono i primi ad ottenere la concessione per l'esportazione del sale.
I commercianti di Marsiglia erano legati all'ordine religioso dell'Abbazia di San Vittore e fondarono a Cagliari il priorato di San Saturno.
Per decisione del giudice Costantino, vennero assegnate allo stesso ordine religioso le saline, la capella di Santa Maria de Portu Salis, attualmente compresa tra il quartiere La Palma e Su Siccu, punto di imbarco del sale, insieme ai magazzini e alle abitazioni delle maestranze.
Iniziò così la fase demaniale delle saline di Cagliari. Le saline facevano parte de "su rennu" (paragonabili ai beni pubblici) dai quali i governi traggono le tasse.
I pisani, grazie ai buoni rapporti con i giudici, svilupparono una fiorente attività commerciale e dal 1104 Pisa ebbe il permesso di estrarre il sale.
Con la dominazione catalano-aragonese le saline erano diventate vere e proprie ricchezze in grado di assicurare benessere economico e politico.
Dal 1323 con l'allontanamento dei pisani sconfitti e con l'inizio della dominazione aragonese nell'isola, il sale proveniva da Major e Riba, cioè da Molentargius e da Quartu Sant'Elena.
Le salines de Sardenya non erano che stagni privi di strutture attorno a Cagliari. La raccolta del sale durava dai quattro ai sei mesi; il sale si accumulava in piramidi dette bigues che, dovevano avere determinate dimensioni, dalle quali si stabiliva il peso, importante per la contabilità.
Documenti sulle saline risalgono al 1327, quando il re d'Aragona, occupato il giudicato Caralis, impose le norme che governarono per 400 anni lo sfruttamento delle "Saline Reyales".
Le saline sarde producevano sale di ottima qualità a basso costo, in quanto non prevedevano spese di manutenzione o investimenti.
I cittadini cagliaritani ricevevano gratis il sale dal 1327 mentre i contadini dei paesi limitrofi (Quartu, Quartucciu, Selargius, Monserrato e Pirri), erano obbligati o, come si diceva " comandati " a lavorare nelle saline.

Le Comandate
Le "Comandate", che esistevano già dai tempi dei pisani, erano squadre di lavoratori provenienti dai paesi limitrofi da inviare periodicamente nelle saline.
Poichè gli abitanti di Cagliari avevano l'esonero dall'obbligo di lavorare nelle saline, molti abitanti dei villaggi preferirono trasferirsi all'inizio del '400 nei quartieri cagliaritani di Villanova e Santa Chiara, sobborghi cresciuti ai piedi di Castello.
Se in un primo tempo, nel 1327 e 1328, sotto Giacomo II e Alfonso III, i trasferimenti erano favoriti per ripopolare i quartieri di Cagliari rimasti deserti dopo la partenza della colonia pisana, il 17 agosto del 1331, con provvedimento spedito dalla corte di Barcellona, si abolirono i privilegi e i trasferiti furono obbligati a rientrare nei villaggi di provenienza per far fronte ai lavori delle saline.
Ci furono allora molte contestazioni, scontri armati e numerose vittime dovute anche alle carestie e alle epidemie provocate dalla peste, che costrinsero i governanti ad aumentare le paghe ed il perdono dei reati anche gravi per chi lavorava nelle saline.
Grazie ad un regolamento emanato dal viceré Luigi de Pontos il 18 gennaio 1420, si offriva l'impunità anche per reati gravi a patto di ripopolare i villaggi di Quarto, Quartucciu, Sebollas, Pirri e San Vitrano.
Anche l'arcivescovo di Cagliari permise ai lavoratori delle saline di lavorare le domeniche e nei giorni di festa. A metà del '700 i contadini provenienti da 72 paesi, appartenenti al Campidano, Gerrei (distanti anche 24 ore di cammino), Trexenta e Marmilla, raccoglievano e trasportavano il sale destinato a terre lontane.
Chi non si presentava al lavoro nelle saline veniva multato o incarcerato. Per molti contadini la chiamata alle saline, per pochi soldi, rischiava di compromettere l'intera annata di lavoro nei campi poiché la raccolta del sale coincideva con la mietitura.
Nell'Aprile del 1779 si dispensarono i lavoratori che abitavano a più di sette ore di distanza dalle saline.
I villaggi vicini alle saline dovevano mettere a disposizione , ogni anno, un determinato numero di uomini , in proporzione ai loro abitanti, per l'estrazione del sale e un determinato numero di carri per il trasporto del prodotto dalle saline ai porti d'imbarco.
Talvolta potevano avere l'esenzione da tali obblighi: in questo caso i villaggi erano costretti a versare un contributo in denaro in rapporto agli uomini e ai carri esentati. Poichè il contributo era sempre molto alto, l'esenzione era richiesta difficilmente.
Nel 1800 gli uomini comandati erano per la sola salina di Cagliari 502 e i carri richiesti 107. Spesso per le saline di Cagliari si giungeva anche a comandare 800 o 900 abitanti dei paesi limitrofi.
Questi dovevano raggiungere le saline a proprie spese; dovevano lavorarvi con una paga bassissima (sette soldi la salma) per tutta la durata della campagna.
Anche i "carratori" dovevano raggiungere le saline con fondi propri, e per il trasporto del sale venivano pagati secondo le salme trasportate e secondo le distanze compiute, con un compenso molto basso (da tre a dieci soldi la salma), perchè un carro poteva trasportare una sola salma per volta e le distanze erano molto lunghe.
Gli inadempienti erano costretti al pagamento di una penale elevata e questo produceva un grave malcontento nei villaggi, costretti a privarsi degli uomini, comandati al duro lavoro, e dei carri, utili per i trasporti.
Le "comandate del sale" vennero abolite nel 1836 dal re Carlo Alberto. Da questa data il lavoro del Molentargius è stato svolto prevalentemente dai forzati, che hanno lavorato nelle saline fino al 1929 quando furono sostituiti da lavoratori provenienti da Quartu e centri limitrofi.


Storia: dal 1400 al 1700
Nel 1419 fu sperimentata con successo la gestione privata delle saline: il procuratore regio autorizzò un commerciante di Quartu S.Elena, Giacomo Olivieri, a raccogliere il sale in cambio di un compenso dell'uno per cento.
L'Olivieri svolse in poche settimane il lavoro grazie all'impiego di centinaia di uomini che egli assunse dal suo villaggio. Il successo dell'iniziativa permise di aumentare e perfezionare diversi contratti di esportazione del sale all'estero. Anche altre saline dell'isola furono da allora gestite da privati, anche se controllati dall'autorità, che le concedevano in appalto o in "arrendamento".
I tentativi di privatizzazione ebbero presto fine. In Francia Luigi X aveva istituito il monopolio di tutte le saline francesi, affidandone la gestione e il commercio della preziosa risorsa ai suoi ufficiali.
Ferdinando II, Re d'Aragona istituì il 16 febbraio 1491 il monopolio del sale, che consisteva in un completo strumento legislativo per il controllo delle saline in Sardegna.
In undici punti si fissavano i compiti del responsabile della salina e dei suoi collaboratori, erano previsti controlli per la misura e la purezza del sale e un prezzo unico per ogni quartino, unità di misura corrispondente a circa 125 litri o a 130 chilogrammi, pari a dieci soldi.
Il 25 novembre 1492 Ferdinando II divise in due categorie i cagliaritani: los mayors, ricchi signori, che avevano diritto ad una razione giornaliera di sale, e los menors, cioè il popolo, che avevano diritto a mezza razione.
Nel 1488 il sovrano obbligò i sardi a consumare esclusivamente sale sardo gravato dalle imposte. Aumentarono così i fenomeni di contrabbando e i furti del sale, le speculazioni che portarono nel luglio del 1511 al divieto per chiunque di vendere, cedere o scambiare sale.
Da Carlo V ai successori, per l'intero secolo si assistette alla chiusura di molte saline fino alla conclusione della fase spagnola delle saline sarde con la morte, nel 1700, di Carlo II.
Un cagliaritano, Giuseppe Marini chiese la concessione perpetua delle Regie saline con l'impegno di versare ogni anno un consistente canone d'affitto. La proposta del Marini fu accolta il 12 maggio 1714 con una gestione di 12 anni e un canone annuo fissato in 4500 scudi. Nel 1717 navi spagnole depredarono i depositi di sale e il Marini morì nel 1718.
Il commercio del sale aveva segnato ottimi risultati fino al 1751, e veniva acquistato da inglesi, svedesi e olandesi, malgrado tutti i problemi creati dalla mancanza di manutenzione delle saline, le alluvioni che ne distruggevano le strutture e il porto ritenuto insicuro.
Nella seconda metà del '700 il sale sardo risultò meno competitivo rispetto a quello siciliano, prodotto nelle attrezzate saline di Trapani.
Lo storico svizzero Bergier rilevò che nel mondo antico l'importanza del sale può essere paragonata a quella attuale del petrolio. Per il suo possesso si organizzavano guerre anche perché la produzione era in mano a pochi paesi che ne detenevano il totale monopolio, mentre i consumatori erano numerosi in quanto il sale era una risorsa alimentare indispensabile per condire e conservare i cibi.
Nel settecento, sotto la dominazione dei Savoia, il sale di Cagliari divenne famoso in Europa e nel nord America. Il porto di Cagliari conobbe un periodo di grande sviluppo per le centinaia di navi che lo frequentavano. Fu costruito persino un apposito molo del sale.
Quando la domanda superò l'offerta e i " comandati "non erano più sufficienti, i governanti "sabaudi" estesero ad altri villaggi l'obbligo di lavorare nelle saline.
La gestione delle saline era affidata in concessione mediante appalto pluriennale che si aggiudicavano regolarmente grosse società capitalistiche italiane e straniere interessate alla commercializzazione.

Storia: Dal 1700 ad oggi
Nel 1767 il governo decise di inviare i carcerati piemontesi per dare una mano ai contadini sardi "comandati". I carcerati piemontesi , che col tempo arrivarono a raggiungere il numero di duecentosessanta, vivevano rinchiusi nella "Casa delle Salinette".
Alcuni tentarono la fuga alla fine di agosto del 1767, ma, riacciuffati, vennero puniti con sessanta bastonate a testa. Da Torino il ministro Bogino si lamentò col vicerè per la scarsa produttività dei carcerati e per la punizione troppo mite delle sessanta bastonate.
Il vicerè, conte don Vittorio Lodovico d' Hallot des Hayes e di Dorsano, spiegò a Bogino che i forzati, incatenati e sotto il sole d'estate non potevano lavorare più di sei ore al giorno. Molti morivano di malaria e per "il colpo di sole".
Qualche anno più tardi, il 12 marzo del 1777, i forzati piemontesi scrissero al ministro Chiavarina, successore di Bogino, una "lettera" ora conservata nell'archivio di stato di Cagliari, in cui descrivono le loro misere condizioni.
Nel 1836 re Carlo Alberto abolì le "comandate" e affidò il lavoro delle saline esclusivamente ai forzati le cui condizioni di vita non erano molto diverse da quelle dei galeotti del settecento.
I tempi mutavano e l'organizzazione delle saline di Cagliari doveva adeguarsi alle nuove esigenze capitalistiche legate ai bassi costi di produzione e all'alta produttività.
Intorno al 1830 ci fu una riorganizzazione tecnologica e idraulica delle saline: furono introdotte le viti di Archimede, mosse da cavalli, che trasferivano l'acqua da una casella salante all'altra; si iniziò lo scavo dei canali, fu fondato il centro abitato di San Bartolomeo che sarebbe diventato poi lo stabilimento penale.
La proprietà delle saline restava nelle mani pubbliche, e, prima il ministro Cavour, poi Sella, decisero di affidarne la gestione a privati.
Nel 1852 venne stipulata una convenzione trentennale con la società Franco-Italiana, francese. Questa si impegnò di incrementare la produzione, che arrivò 52 mila tonnellate nel 1860 con l'aumento delle superfici salanti.
La Sardegna assunse un ruolo centrale nei traffici europei del sale. Una innovazione tecnologica fu l'installazione nel maggio 1851, a Molentargius, di un potente motore a vapore per la circolazione delle acque in sostituzione delle viti di Archimede, mosse dall'uomo o dai buoi, e delle catene di secchi trasportati da uomini e bambini.
Si arrivò a produrre nel 1858 un milione di quintali di sale . Nel 1890 la gestione delle saline venne affidata con una concessione alla Società di Navigazione Generale Italiana, mentre nel 1898 lo Stato decise di assumere la gestione diretta delle saline abolendo nel 1929 l'utilizzo dei "dannati del sale".
Ristrutturati gli impianti, il lavoro manuale fu suddiviso tra il personale dipendente , specializzato e qualificato, e la manovalanza generica, assunta nel periodo di raccolta.
Nel 1919 un ingegnere toscano, Luigi Contivecchi, presentò un progetto per la bonifica dell'intera laguna. Gli fu dato parere favorevole nel 1921 dalla Commissione Centrale Bonifiche, con una concessione di sfruttamento della salina della durata di 90 anni.
Con dieci milioni di lire di capitale, fu costituita la Società Anonima Ing. Luigi Contivecchi che iniziò i lavori nel 1926. Nel 1927, Luigi Contivecchi morì e l'azienda passò al figlio Guido, che la diresse fino al 1949, anno della sua morte.
Furono anni di grande attività sia per le saline dei Monopoli, Molentargius e Carloforte, che per quelle private come quelle di Santa Gilla.
Negli anni '20 si formarono le prime cooperative di salinieri a Cagliari, Quartu, Quartucciu e Monserrato, che si cosociarono per evitare la concorrenza nella assegnazione dei lotti di lavoro. Erano utilizzati anche i bambini, per lo più figli di salinieri, che portavano acqua da bere, perciò chiamati "acquaderisi" o per togliere il fango depositato insieme al sale nei cumuli, o "politterisi".
La seconda guerra mondiale bloccò la produzione di sale che riprese alla fine della guerra con mezzi più moderni: il lavoro manuale fu sostituito dal trasporto su rotaia, e la raccolta fu migliorata con l'impiego di pale meccaniche.
Negli anni '60 la superficie della salina Molentargius La-Palma era di 832 ha. La salina di Contivecchi, negli anni '70 venne ceduta dai proprietari, la famiglia Galimberti, all'impianto chimico di Macchiareddu, per la produzione di PVC.
La gestione statale avrebbe dovuto essere dismessa dal 1 gennaio 1974, data di entrata della legge n.10 del 16 febbraio 1973, che ha sancito la cessazione del regime di Monopolio per la vendita del sale. L'Azienda Autonoma dei Monopoli di Stato (AAMS) ha interrotto la produzione di sale delle saline di Cagliari a causa dell'inquinamento nel 1985.
La circolazione delle acque è stata comunque garantita per permettere la sopravvivenza dello stagno di Molentargius e di tutto l'ecosistema. Oggi le saline si chiudono ufficialmente e passano alla Regione Autonoma della Sardegna che ne farà un parco.

Disperata lettera dei forzati piemontesi
"Qui siamo per la seconda volta a pregare per la passione del nostro Redentore Gesù Cristo, di avere pietà, carità e misericordia di noi miseri forzati in questa Gallera di Calliari, già sapiamo che siamo debitori al Re e alla giustizia e che siamo per purgare y nostri debiti, ma ancora siamo cristiani e non bestie che meglio sarebbe di passare al patibolo di Porta Palazzo di Torino che di esser per anni cinque in questo carcere perché potremmo almeno salvare le anime nostre, mentre qui ce ne andiamo a quattro, a cinque, al giorno disperatamente nell'altra vita, senza aver forza di raccomandare le anime nostre a Dio, e le nostre orazioni sono piuttosto maledizione, e siamo tutti anime perse, e tutti li nostri lamenti sono nulla.Sappia Vostra Lustrissima che gli impresari che provvedono le nostre vivande sono senza conscienza, e non si contentano di un profitto onesto e guasta come le fave tutte confitte di arne e putride e marze con pietre, arena e così si mettono nella caldera giornalmente a bollire, sin che le arne si consumano in brodo, e solo a veder quella salza fa corromper l'appetito; la pasta è misera, il condimento vi è di un lardo e oglio, o cero puzzolente, la bevanda simile a quella che fu beverato Cristo.Ciò provoca la peste in corpo al punto che le malattie vengono senza remissione e che in pochi giorni siamo per l'altra vita et già ne sono testimonio gli bassoffiziali e soldati di guardia, che si stupiscono solo a veder le nostre vivande, e come potiamo resister al così forte travaglio.Dunque a vostra Lustrissima sta a darci la vita o la morte, o il Cielo o…la dannazione, che in questo modo è impossibile di salvarsi…Quanti sono di noi nell'altro mondo per le così pestifere vivande e che ancora potrebano esser in vita? A chi toccherà a render conto di tutto questo al Tribunale di Dio? Per questo siamo tutti a supplicare vostra Lustrissima, di aver pietà di noi e di assisterci di queste così tristi miserie. Il ministro consideri quelli poveri forzati che sono al travallio delle saline, l'aria cativa, l'acqua mala, le vivande mal condimentate, il travallio e Dio che tormento".




giovedì, novembre 09, 2006

Minestra di arselle con fregola









Minestra di arselle con fregola
(dose per 4/5 persone)

(Ricetta suggerita da un cuoco cagliaritano)


Pulire bene 1 Kg.circa di arselle sotto acqua corrente, versarle in una casseruola e metterle sul fuoco con coperchio fino all’apertura delle arselle, dopodiché togliere una alla volta le arselle dopo averle controllate e riporle in un contenitore, togliendo circa la metà dei gusci delle arselle.

Preparare da parte in un recipiente capace un soffritto con poco olio, di aglio, cipolla, prezzemolo, peperoncino, un po’ di conserva di pomodoro, versare le arselle farle cuocere per qualche minuto quindi un dado per brodo e aggiungere 1 litro e mezzo d’acqua e un po’ dell’acquetta di cottura delle arselle controllando che sia pulita e per ultimo una foglia di basilico; fare bollire qualche minuto quindi aggiungere la fregola, (circa due cucchiai a persona) e far cuocere per circa dieci minuti.



Buon appetito